lunedì 14 febbraio 2011

#25 - In replica a Oscar Pini, nonché al Reverendissimo Cardinale

Rispondo all'articolo che potete consultare qui.

Caro Oscar, non posso che rimanere ammirato per l’equilibrato e fine gioco retorico con cui ha imperlato il Suo intervento. Eppure, chissà per quale motivo, la tesi e le argomentazioni, condotte con una pretesa di consequenzialità che lascia molto a desiderare, stridono nelle mie orecchie come la tessera di un puzzle che si vuole inserire a forza nel settore sbagliato. Mi sento in forte imbarazzo nel risponderLe, non fosse che per il fatto di trovarmi a dire cose ovvie quanto banali, evidenze che per arcane ragioni non suscitano sufficiente sdegno. Suvvia, repetita iuvant!

Una domanda: di che cosa stiamo parlando esattamente? Se non sbaglio degli scandali in cui è coinvolto il presidente del Consiglio. Definiamo meglio, quantifichiamo la parola “scandalo”. Stiamo parlando dei retroscena della vita di un personaggio pubblico, detentore di poteri e responsabilità (anche morali) di grande rilevanza, in una posizione di totale incompatibilità con il suo ruolo. Magari la questione fosse semplicemente morale! Prendiamo in esame gli aspetti politici e giudiziari della vicenda, gli unici su cui ha senso condurre un’analisi rispettivamente politica e giudiziaria: l’individuo in questione, oltre ad essere accusato / assolto per prescrizione del reato / rinviato a giudizio / assolto per modifica della legge in diversi processi, incarnazione vivente del conflitto di interessi italiano, membro della loggia massonica P2, ecc… è relativamente agli ultimi fatti di cronaca indagato per prostituzione minorile e concussione, è manifestamente il cardine di una realtà di corruzione e clientelismo e infine risulta, proprio per la condotta privata di cui lui stesso ostenta con macismo l’eccezionalità, suscettibile di ricatto. Personalmente mi basta questo: un uomo che non si pone scrupoli nel confondere la propria vita privata con quella pubblica, che permette alle escort di entrare nelle sale del potere (laddove contemporaneamente, fin dal ’94, ha basato la propria campagna politica su un’immagine di uomo privato moralmente ineccepibile, industrioso e osservante delle tradizioni religiose), un uomo a cui chi ne abbia l’interesse può senza troppa difficoltà estorcere denaro e informazioni, non ha i requisiti per governarmi. Non c’è alcuna questione morale in tutto ciò.

La contraddizione non solo etica ma in primo luogo politica e giuridica che questo “perseguitato” dei nostri tempi ostenta ha un risvolto pericoloso. Da mesi l’attività parlamentare è del tutto ferma, se non orientata a legiferare per risolvere le impellenze personali del Cavaliere: la stessa presidente di Confindustria ha denunciato l’inadeguatezza dei poteri legislativo ed esecutivo nelle attività di riforma e di ripresa dalla crisi economica, nonché nella progettazione ed attuazione di piani di welfare e di sviluppo a lungo termine. Il fallimento della democrazia rappresentativa italiana, basata su una legge elettorale definita dal suo stesso ideatore “una porcata”, si è manifestato in tutte le sue inquietanti dimensioni: il plateale e svergognato trasformismo (14 dicembre, n.d.r.), l’immobilismo parlamentare, l’assenza di progetti politici (o la mancanza della loro attuazione nell’arco di 17 anni?), la povertà di competenze dei “referenti del popolo”, assoldati sulla base di discutibili meriti, sono una realtà, questa per davvero, che “mina la coesione sociale” e che va affrontata con urgenza e responsabilità. Con questi presupposti come si può invitare a perseguire il bene comune senza mettere in discussione lo status quo?

Ecco perché in tutto questo un invito all’”equilibrio” non può che risultare o una solare ingenuità o un’affermazione ipocrita e interessata. E per stima nei confronti delle capacità intellettuali di Bagnasco propendo per la seconda ipotesi. Del resto lo stesso tentativo di ridurre Berlusconi a un semplice peccatore, e in quanto tale sempre perdonabile, è un sofisticato quanto inconsistente tentativo di “assolvere” il premier appiattendo di nuovo la questione sul piano morale – il titolo dell’articolo non era proprio “Non sarà mai il moralismo a renderci migliori”? – e oscurando una realtà dei fatti molto più scandalosa di certi stili di vita “non compatibili con la sobrietà e la correttezza”. Inoltre, definire il Cardinale una figura “irriducibile al gioco delle parti” è un curioso eufemismo. Basterebbe pensare alle diverse crociate intraprese negli ultimi anni, in cui Bagnasco si è espresso come voce a sostegno delle iniziative berlusconiane, dal Family Day (organizzato da tre politici divorziati) alla battaglia “pro-vita” (promossa da un uomo che con la sua ex-compagna, Veronica Lario, decise a suo tempo di praticare l’aborto) in occasione delle vicende Welby ed Englaro, offrendo di fatto una linea guida all’elettorato. Tra l’altro, rispetto a questi casi, mi chiedo come possa conciliarsi una “morale pubblica” improntata al conseguimento del bene comune con una condotta privata e un pensiero del tutto incoerenti. Non è credibile chi, avendo fino al giorno prima proferito animati sermoni sul dover essere, inviti a mettere in secondo piano le vicende della cronaca e a guardare oltre, quando l’oggetto del contendere è proprio un (discutibile) referente politico del mondo cattolico. Ricorda lo show delle mutande dell’”antimoralista” Ferrara, già fervente animatore della salvaguardia dell’embrione. Come la mettiamo?
 G.C.

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